La viticoltura nel territorio della Champagne sta attraversando una fase di trasformazione significativa, in risposta ai cambiamenti climatici che stanno influenzando le condizioni di crescita delle uve. Maison rinomate come Dom Pérignon e Ruinart stanno rivedendo le loro tecniche produttive per affrontare le sfide legate a un clima sempre più secco e caldo, specialmente alla luce di annate estreme come quella del 2015.
L’estate calda e secca del 2015 ha segnato un punto di svolta nella produzione di Champagne. Con temperature che hanno superato quelle record del 1976 e 2003, la stagione ha riportato una carenza di pioggia in un periodo cruciale per la crescita delle viti, tra maggio e metà agosto. Questo ha imposto sfide significative alle maison di Champagne, che devono adattarsi per preservare la qualità e l’integrità dei loro vini.
Vincent Chaperon, chef de cave di Dom Pérignon, ha evidenziato i problemi specifici causati dalla siccità nei vigneti. I terreni con scarsa capacità di ritenzione idrica hanno portato a uve sottosviluppate, caratterizzate da note vegetali e tannini duri. In contrapposizione, i vigneti a nord-est e a est, come quelli di Verzy e Verzenay, hanno beneficiato di una vegetazione che ha contribuito a mantenere l’umidità del suolo. Questo ha permesso una raccolta di uve più bilanciate, essenziale per mantenere lo standard qualitativo della maison, nonostante le difficoltà ambientali.
In risposta a queste sfide, Chaperon ha avviato una strategia di raccolta più attenta e personalizzata. Questo approccio prevede la selezione di appezzamenti specifici e la determinazione delle date di raccolta ottimali, per garantire che il patrimonio viticolo della maison, composto da 900 ettari di premier e grand cru, possa essere sfruttato al meglio anche in annate difficili come il 2015.
A partire dal 2008, le sempre più evidenti alterazioni climatiche hanno spinto Dom Pérignon a riconsiderare il proprio approccio alla vinificazione. Chaperon ha affermato che è fondamentale esaminare e degustare l’uva direttamente nei vigneti, per identificare esattamente quando sia il momento giusto per la raccolta. Questa trasformazione ha segnato un passaggio verso una vinificazione separata per sottozone, che consente di valorizzare le caratteristiche uniche di ogni appezzamento.
Secondo Chaperon, la chiave per ottenere un grande Champagne è l’assemblaggio, che include il dosaggio e ogni aspetto del processo di maturazione. In annate calde come quella del 2015, l’attenzione ai dettagli diventa cruciale per preservare l’equilibrio tra la maturazione del frutto e la struttura tannica. Un eccesso di maturazione può portare a una perdita di acidità, creando un vino meno strutturato.
A causa della rigorosa strategia di selezione applicata all’uva, Dom Pérignon ha visto una riduzione della produzione, risultando solo in una quantità pari al 70% di un anno normale. Questo dimostra che la qualità è considerata non solo una priorità, ma un imperativo di fronte a un clima in continuo cambiamento.
Con le nuove pratiche di vinificazione, anche il modo in cui viene degustato il vino è evoluto. Chaperon ha introdotto un metodo di assaggio diretto, utilizzando il palato piuttosto che l’olfatto, per meglio valutare la consistenza e il modo in cui il vino si presenta in bocca. Questa attenta valutazione aiuta a identificare le potenzialità di ciascun campione, specialmente in annate eccezionali.
Nonostante le sfide attuali, il futuro di Dom Pérignon sembra promettente, con nuove iniziative in fase di sviluppo che potrebbero ampliare la gamma del marchio. Anche se i dettagli rimangono riservati, è chiaro che l’intento è quello di integrare “spazio e tempo”, con un forte riferimento alla storia e all’identità della maison. Questi approcci innovativi dimostrano come le tradizioni possono adattarsi ai tempi che cambiano, mantenendo viva l’essenza del grande Champagne.
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