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Funghi e robotica: scienziati creano robot ibridi con i King Oyster Mushroom per innovare l’industria

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Francesca La Rocca

La fusione tra biologia e tecnologia sta aprendo nuovi orizzonti nel campo della robotica. Un team di ricercatori della Cornell University ha fatto un passo avanti sorprendente utilizzando i King Oyster Mushroom, noti in Italia come funghi Cardoncelli. Questi funghi non solo sono ben apprezzati in cucina, ma ora si stanno dimostrando anche fondamentali per progettare robot ibridi. Scopriamo di più su questa innovativa sperimentazione e le sue potenzialità future.

Il fungo robot: innovazione e bioibridazione

Un’iniziativa ambiziosa

Negli ultimi anni, l’innovazione tecnologica ha assunto forme sempre più sorprendenti, mescolando la scienza con elementi della natura. I ricercatori della Cornell University hanno intrapreso una sorprendente avventura, creando un robot ibrido che fonde elementi biologici e artificiali utilizzando il micelio del King Oyster Mushroom. Questo micelio, simile a un reticolo di radici, avvia un processo di bioibridazione che consente al robot di interagire con il suo ambiente.

Si tratta di un sistema composto da un’infrastruttura robotica dotata di cinque arti flessibili, che si sviluppa in simbiosi con il micelio. La particolarità di questo progetto non risiede solo nell’ingegneria robotica, ma anche nella capacità delle strutture fungine di generare segnali elettrici e rispondere a stimoli luminosi. Robert Shepherd, uno dei principali ricercatori del progetto, sottolinea che l’obiettivo è sfruttare le potenzialità della biologia per migliorare e ottimizzare i sistemi artificiali.

Un passo verso la bioibridazione

La bioibridazione consente di esplorare un campo innovativo in cui le componenti biologiche possono migliorare le funzionalità delle macchine. La ricerca offre una nuova prospettiva sull’intelligenza biologica: “Meccanismi come quelli del calcolo, della comprensione o di azione e risposta esistono nel mondo biologico e in quello artificiale creato dagli umani”, spiega Shepherd. L’approccio di unire elementi naturali e artificiali rappresenta un progresso notevole nel campo della robotica, con potenziali applicazioni in svariati ambiti, dall’agricoltura alla medicina.

Come funziona la tecnologia dei funghi robot

Il processo di integrazione

Il progetto ha preso le mosse da un semplice kit di coltivazione di funghi, per poi evolversi in un sofisticato sistema robotico. La scelta del King Oyster Mushroom non è casuale: oltre a essere facilmente coltivabile, il suo micelio è noto per le sue capacità sensoriali. Grazie a questa progettazione, il micelio si integra progressivamente con la struttura del robot, che impiega dai 14 ai 33 giorni per completare l’assemblaggio. Durante questo processo, il micelio comunica, trasporta nutrienti e genera segnali elettrici che possono interagire con le parti mobili del robot.

Gli scienziati possono collegare l’hardware del robot al micelio attraverso elettrodi, consentendo a quest’ultimo di inviare segnali al sistema. Quando il micelio viene esposto alla luce, risponde attivamente a stimoli ambientali, permettendo così di attivare gli attuatori del robot e farlo muovere di conseguenza. Questo dinamico sistema di comunicazione rappresenta un passo significativo verso l’autonomizzazione della robotica bioibrida.

Potenziali applicazioni e sviluppi futuri

Le implicazioni di questa tecnologia sono vertiginose. Al momento, il sistema si basa esclusivamente sulla luce come stimolo, ma c’è un largo margine di sviluppo per far sì che il robot possa rispondere a una varietà di segnali ambientali. Se ci si dovesse spingere oltre e sviluppare interfacce in grado di interpretare la chimica del suolo o altri elementi, i robot ibridi potrebbero rivoluzionare attività agricole, ottimizzando l’uso di fertilizzanti e risorse idriche.

Questo tipo di avveniristica innovazione non si limita solo alla robotica: il campo della bioibridazione offre spunti per altre scienze applicate, da quelle energetiche a quelle mediche. Le possibilità sono ampie e affascinanti, segnando un futuro in cui biologia e tecnologia potrebbero coesistere in sinergia efficace.

Francesca La Rocca

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