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La crisi del vino: giovani lontani dalla tradizione e attratti dalla mixology

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Stefania Romana

Il mondo del vino affronta sfide senza precedenti, segnate da un distacco sempre più marcato delle nuove generazioni. Questa crescente disaffezione nei confronti del vino è stata analizzata durante gli Etna Days, un evento organizzato dal Consorzio Etna Doc a Castiglione di Sicilia. Luigi Moio, presidente dell’Organizzazione Internazionale della Vigna e del Vino , ha messo in luce come l’assenza di una trasmissione culturale e generazionale stia influenzando le abitudini di consumo dei più giovani, portandoli a preferire la mixology.

Il divario generazionale nel consumo di vino

Le difficoltà nel settore vinicolo non sono semplicemente frutto di una moda passeggera, ma evidenziano un problema culturale profondo. Le nuove generazioni, cresciute in un contesto dove la mixology sta acquisendo sempre più popolarità, tendono a sottovalutare le tradizioni legate al consumo di vino. La mancanza di educazione su cosa significhi realmente bere vino implica un allontanamento da pratiche che una volta erano fondamentali.

Luigi Moio ha riferito che le statistiche dimostrano come, contrariamente a quanto accadeva in passato, i giovani tendano a consumare una maggiore quantità di alcolici, nonostante una minore inclinazione verso il vino. Questo paradosso racconta di un’evoluzione nelle preferenze, dove i cocktail e le bevande miscelate diventano protagonisti delle serate, mentre il vino perde spazio. L’effetto è ancora più marcato considerando che il vino, in un contesto di salute pubblica, viene spesso stigmatizzato più di altre bevande alcoliche, nonostante alcune evidenze scientifiche possano suggerirne un consumo moderato come parte di uno stile di vita equilibrato.

La comunicazione confusa sul vino e la salute

Moio ha anche sollevato un tema cruciale: la comunicazione attuale riguardante il vino e la salute risulta spesso confusa e contraddittoria. Gli aspetti positivi associati al consumo di vino, inclusi i potenziali benefici per la salute, richiedono di essere trattati con tatto e chiarezza. Non si può semplicemente affermare che il vino fa bene poiché contiene alcol; è necessario contestualizzare e differenziare il prodotto all’interno di una narrazione più ampia, che ne valorizzi l’identità e il legame con il territorio.

Questo approccio richiede un impegno costante nella divulgazione delle storie legate al vino e alla sua produzione, per rendere il consumatore consapevole dell’importanza culturale del prodotto. Il vino non è un semplice liquido: è un vettore culturale, un simbolo di tradizioni che legano la comunità a specifiche aree geografiche e storiche.

Il vino come patrimonio culturale

Il vino ha una dimensione narrativa che trascende il bicchiere. Tale concetto è centrale nel pensiero di Luigi Moio, il quale evidenzia come bere un calice di Etna non sia solo un atto di consumo, ma anche un’esperienza culturale. L’Etna, in particolare, non è solo un vulcano ma rappresenta un ecosistema unico che contribuisce a formare i caratteri distintivi dei vini locali.

Trasmettere il valore identitario del vino significa poterlo posizionare in un contesto sociale e culturale ricco di significato. È imperativo che il mondo del vino impari a comunicare efficacemente la propria storia e il proprio legame con i territori, nella speranza di riavvicinare le nuove generazioni a una tradizione che merita di essere preservata. L’obiettivo è chiaro: rendere il vino nuovamente un protagonista nelle scelte di consumo e rivalutarne il significato profondo all’interno della ristorazione e della vita sociale.

Stefania Romana

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