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“La regola delle “due pizze”: come Jeff Bezos ha rivoluzionato la gestione dei team di lavoro”

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Lino Bartolo

L’approccio innovativo utilizzato da Jeff Bezos per gestire i gruppi di lavoro, noto come la regola delle “due pizze”, ha destato interesse e discussione nel mondo aziendale. Questo metodo, apparentemente semplice, ha l’obiettivo di ottimizzare la comunicazione interna e aumentare l’efficacia dei team, evitando l’ingombro di strutture troppo complesse. Scopriamo insieme in cosa consiste questa regola e il dibattito che suscita tra esperti e professionisti del settore.

Cosa sono le “due pizze”?

La genesi della regola

L’idea della regola delle “due pizze” può sembrare bizzarra a primo impatto, ma ha una logica ben precisa. Jeff Bezos, fondatore di Amazon, ha proposto che i gruppi di lavoro dovrebbero essere abbastanza piccoli da poter essere alimentati con due pizze. Questa proposizione non vuole essere un invito alla convivialità durante gli orari lavorativi, ma piuttosto una strategia per evitare la formazione di team troppo numerosi, che possono portare a inefficienze operative.

L’importanza delle dimensioni del team

L’obiettivo principale è quello di mantenere i gruppi di lavoro in dimensioni gestibili, generalmente contenute sotto le dieci persone. Con questo formato, si semplificano le dinamiche comunicatorie e si riducono i tempi per la presa di decisioni. Secondo Daniel Slater, responsabile della cultura e dell’innovazione di Amazon Web Services, un team più compatto facilita l’assunzione di responsabilità e riduce il rischio che un progetto venga delegato a terzi, favorendo così un ambiente di lavoro più proattivo.

Come funziona in pratica?

Situazioni di lavoro quotidiane

Per comprendere meglio l’applicazione di questa regola, possiamo fare un esempio pratico. Immaginate di dover organizzare una cena con due amici: è più semplice decidere il ristorante e trovare un accordo. Ora confrontate questa situazione con quella di dover coordinare una cena per venti persone. In questo secondo caso, la varietà di opinioni e le possibili critiche rendono la decisione più complessa e frustrante. La regola delle “due pizze” affronta questa problematica, evidenziando che team di lavoro più piccoli tendono a raggiungere risultati più rapidi e soddisfacenti.

Benefici nell’ambiente lavorativo

I benefici di avere un team compatto non si limitano solo a un miglioramento della produttività. Una struttura di dimensioni ridotte promuove anche la responsabilità individuale. I membri di un piccolo team sono generalmente più coinvolti e motivati a portare avanti i progetti, senza affidarsi a un sub-team per il completamento delle attività. Questa responsabilizzazione individua un’opportunità di crescita e sviluppo personale che diversamente potrebbe essere trascurata.

Le critiche alla regola

Opinioni contrastanti nel mondo del lavoro

Nonostante i vantaggi riconosciuti, la regola delle “due pizze” genera anche un intenso dibattito tra esperti del settore. Alcuni, come Johnny Warstrom, CEO di Mentimeter, la considerano obsoleta e necessitante di un aggiornamento. Secondo lui, limitare il numero di partecipanti alle riunioni può compromettere la produttività, poiché piccoli gruppi potrebbero mancare di una visione globale e diversificata.

La questione della diversità

Una delle critiche principali alla regola è la mancanza di diversità nei pensieri e nelle esperienze quando i team diventano troppo piccoli. La varietà di opinioni è un elemento cruciale per la creatività e l’innovazione. Un team omogeneo potrebbe infatti avere difficoltà ad affrontare problematiche complesse che richiedono una gamma di competenze e prospettive diverse.

Con queste considerazioni, diventa chiaro che mentre la regola delle “due pizze” possa rappresentare un valido punto di partenza per l’organizzazione dei team, è importante bilanciare dimensione e diversità affinché si ottimizzino non solo l’efficacia operativa ma anche la creatività e l’innovazione aziendale. Le opinioni in merito possono variare e il dibattito è destinato a proseguire nel tempo.

Lino Bartolo

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