Cenare in un ristorante stellato è un’esperienza che coinvolge tutti i sensi, ma un aspetto spesso trascurato è l’inquinamento olfattivo indotto da profumi e fragranze invadenti. I clienti di alta cucina si trovano frequentemente di fronte a un dilemma: godere di un piatto prelibato mentre l’essenza che emana dal tavolo vicino disturba l’armonia del momento. L’argomento, sebbene poco discusso, merita attenzione, specialmente in un’epoca in cui l’esperienza culinaria si va arricchendo di nuova consapevolezza riguardo all’olfatto.
È risaputo che, in assenza di congestione nasale, il senso dell’olfatto gioca un ruolo cruciale nella percezione dei sapori. Secondo studi scientifici, si stima che fino all’80% delle informazioni riguardanti il gusto derivi proprio dall’olfatto. Le papille gustative possono solo riconoscere i cinque gusti primari: dolce, salato, acido, amaro e umami. Tuttavia, le complesse sfumature di un piatto, che possono trasformare un semplice assaggio in un’esperienza memorabile, vengono catturate grazie ai recettori olfattivi. Questi si attivano sia attraverso l’inalazione che il retro-nasale, un processo che mostra come il naso sia fondamentale nell’esperienza gastronomica.
La consapevolezza di questo legame ha portato alcuni chef a innovare, utilizzando essenze e profumi al momento del servizio. Heston Blumenthal, noto per il suo approccio avanguardistico alla cucina, è stato tra i primi a nebulizzare fragranze sui piatti, ampliando così l’esperienza gustativa. Tuttavia, ciò che viene assaporato deve essere controllato e bilanciato; l’interferenza di fragranze estranee può minare la bontà dell’esperienza gastronomica e, in particolare, quella di sapori più delicati come quelli dei piatti a base di pesce fresco.
Il dibattito sull’uso del profumo nei ristoranti stellati ha preso piede negli ultimi anni, portando a riflessioni più ampie sulla convenzione sociale. Se da un lato i ristoratori tentano di preservare l’integrità dei loro piatti, dall’altro la sensibilità dei clienti riguardo ai profumi continua a essere una questione spinosa.
Alcuni ristoranti di alto profilo hanno iniziato a implementare un “smell code”, un codice di comportamento relativo agli odori, richiedendo ai clienti di non indossare fragranze pesanti. Un esempio significativo è il ristorante Toscanini di Amsterdam, che, al momento della conferma della prenotazione, consiglia agli ospiti di utilizzare il profumo in modo moderato per garantire un’esperienza migliore per tutti. D’altra parte, il stellato Sushi Kanesaka di Londra ha informato i clienti, pur senza ufficializzare un divieto, che una fragranza più leggera permetterebbe di percepire meglio i sapori del sushi, arricchendo l’esperienza culinaria.
Il tema è ancor più complesso se si considera la varietà delle reazioni personali ai profumi e la questione delle allergie. Oltre a creare un ambiente potenzialmente sgradevole, profumi intensi possono risultare problematici per chi soffre di allergie o ha una sensibilità olfattiva elevata. Nonostante ciò, la necessità di esprimere la propria personalità attraverso l’uso di profumi continua a prevalere. Questo evidenzia una distinzione: mentre le politiche relative all’uso del profumo sono più rigidamente impostate per il personale , i clienti vengono lasciati liberi di scegliere come presentarsi.
Concludendo un pasto in un ristorante stellato, l’olfatto dovrebbe essere un facilitato, il compagno perfetto per i sapori. È essenziale, tuttavia, che la scelta di un profumo non diventi un elemento di disturbo per il piacere altrui. Non è infrequente che clienti seduti al tavolo vicino sperimentino un certo disagio a causa di fragranze invadenti che distolgono l’attenzione dai piatti che stanno assaporando.
Questo porta a invitare a una riflessione su un equilibrio sociale tanto delicato quanto necessario: sebbene ogni ospite meriti di sentirsi a proprio agio e sicuro, il contesto ristorativo richiede anche rispetto per l’esperienza complessiva degli altri commensali. Entrare in un ristorante con una consapevolezza olistica dei propri profumi potrebbe non solo migliorare l’esperienza personale, ma anche quella degli altri. Soprattutto quando si tratta di esperienze gastronomiche di alto livello, la cura per i dettagli, anche nell’olfatto, può fare la differenza tra un pasto memorabile e uno mediocre.
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