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Le etichette di vino più sopravvalutate secondo esperti sommelier americani

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Stefano Rossi

La cultura del vino negli Stati Uniti è spesso fonte di grande orgoglio, con vini iconici come il Cabernet Sauvignon della Napa Valley che occupano un posto di rilievo. Tuttavia, una recente indagine della rivista Vinepair ha rivelato che anche i vini più celebrati possono essere soggetti a critiche da parte di esperti del settore. Un gruppo di sette sommelier ha condiviso le loro opinioni sui vini rossi ritenuti sovrastimati, rivelando una disillusione sorprendente nei confronti di alcune delle etichette più blasonate. Dalle celebri bottiglie californiane a vini provenienti da inaspettate regioni come le Isole Canarie e il Beaujolais, le opinioni variano notevolmente, sottolineando l’importanza della qualità rispetto al costo.

Il mito dei Cabernet Sauvignon della Napa Valley

Per molti appassionati di vino, il Cabernet Sauvignon della Napa Valley rappresenta il massimo della qualità vinicola americana. Nonostante la Napa Valley rappresenti una piccola frazione della produzione vinicola complessiva degli Stati Uniti, il suo prestigio è immenso. Tuttavia, come riportato da Drea Boulanger, wine executive director al Spiegelworld di Las Vegas, questa reputazione può essere fuorviante. Secondo Boulanger, molti Cabernet Sauvignon non solo hanno un prezzo eccessivo, ma il valore non è sempre paragonabile alla qualità offerta.

Questo divario di valore è amplificato da un mercato globale in cui altre regioni, come quelle europee, stanno producendo Cabernet della stessa elevata qualità a costi più accessibili. Jonny Thompson, un sommelier di Denver, aggiunge alla discussione proclamando che molti Cabernet Sauvignon a basso costo mancano della finezza necessaria per gestire l’uva. In particolare, i vini economici tra i 10 e i 20 dollari sono spesso caratterizzati da una sbilanciatezza tra tannini e alcol, risultando in un gusto poco gradevole. Per gli esperti, la ricerca di vini rossi di qualità a prezzi contenuti porta a considerare alternative in regioni meno conosciute, come i blend a base di Grenache della Languedoc-Roussillon o i rossi portoghesi.

Critiche ai vini Listán Negro delle Isole Canarie

Un’altra rivelazione sorprendente dell’inchiesta di Vinepair è la disapprovazione espressa nei confronti dei vini Listán Negro delle Isole Canarie. Gareth Rees, beverage director in un locale di New York, ha condiviso la sua esperienza di degustazione, affermando che molti colleghi erano entusiasti mentre lui stesso trovava il vino sgradevole. La sua critica si concentra sulla presenza di intensi aromi solforosi, che sovrastano le caratteristiche originariamente positive, come il pepe affumicato e la salinità. Rees sottolinea che neanche l’adeguato tempo di decantazione riesce a migliorarne il profilo.

La notoria salinità di questi vini, tipica della flora vulcanica delle isole, potrebbe contribuire a una visione polarizzante. Per i sommelier, il problema sembra risiedere in una produzione che non riesce a mantenere un equilibrio gustativo apprezzabile, generando vini che sfuggono a una palatabilità bilanciata.

Il Beaujolais e la perdita della sua identità

Il Beaujolais, vino tradizionalmente accessibile e apprezzato per le sue caratteristiche fresche e fruttate, ha attirato anche l’attenzione dei sommelier. Sean O’Keefe, enologo con base in Michigan, esprime una certa tristezza per come il Beaujolais abbia perso la sua identità nel tempo. Oggi, molti dei cru Beaujolais si distaccano dalle note fruttate e fresche per presentare caratteristiche di frutta matura e marmellatosa, facendo somigliare questi vini ai più robusti rossi del Rodano.

O’Keefe attribuisce parte della responsabilità a fattori come il riscaldamento globale e l’adozione di tecniche di produzione tese a massimizzare il rendimento piuttosto che la qualità. La trasformazione del Beaujolais ha portato a una confusione nell’immagine del prodotto, rendendo difficile per i consumatori identificare l’autenticità di un vino che era, una volta, sinonimo di piacevolezza e delicatezza.

Marketing e percezione del valore nel mondo del vino

Un tema in crescita tra i sommelier interpellati è la critica al marketing dei vini più noti, che spesso porta a prezzi esorbitanti senza giustificazione alla qualità percepita. Un chiaro esempio è il Caymus Cabernet Sauvignon, un vino ampiamente conosciuto e costoso. Bruce Martin Polack, beverage director in un ristorante di Denver, ha messo in discussione il valore di questa etichetta, suggerendo che il marketing ben strategico oscura spesso il valore effettivo del prodotto.

Inoltre, l’attenzione del mercato si è spostata dalle caratteristiche organolettiche del vino verso lo status sociale che esso rappresenta. Austin Bridges, sommelier in un locale di Portland, notava un simile fenomeno nelle più celebri denominazioni italiane come Barolo e Borgogna. Secondo Bridges, l’influenza del capitale ha distolto l’attenzione dai veri fattori qualitativi che hanno reso queste regioni iconiche, spingendo i consumatori ad orientarsi verso alternative meno conosciute che offrono ancora una connessione autentica al terroir.

Attraverso queste analisi svolte dai sommelier, si pone una riflessione che va oltre il semplice gusto: i consumatori dovrebbero considerare che il valore di un vino non dipende esclusivamente da marketing e fama, ma dalla sua capacità di raccontare la storia del terroir e di chi lo produce.

Stefano Rossi

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