Nel 2023, la passione degli italiani per il pesce è emersa in modo significativo, come testimoniano i dati dell’IIAS che rivelano un consumo di 92.372 tonnellate di pesce surgelato, con un incremento del 2,3% rispetto all’anno precedente. Questo trend è interessante, soprattutto in un contesto europeo dove il consumo pro-capite di pesce si attesta a 31 chili, rispetto ai 24 chili della media. Tuttavia, sorge un interrogativo fondamentale: quanto impattano i metodi di conservazione sulla qualità del pesce? Per chiarire questo aspetto, abbiamo interpellato la famiglia Falaschetti dell’azienda Arpesca di Anzio, esperta nella lavorazione di prodotti ittici freschi e surgelati.
Una delle domande più frequenti relative al pesce è se il processo di surgelazione alteri la qualità del prodotto. Secondo i Falaschetti, la risposta è negativa. “Il pesce surgelato mantiene le stesse proprietà organolettiche di quello fresco”, affermano. In particolare, è importante considerare il periodo che intercorre tra la pesca e l’abbattimento del pesce: più è breve, migliore è la qualità finale. I Falaschetti sottolineano che, ad esempio, un prodotto locale pescato, adeguatamente mantenuto sotto ghiaccio e abbattuto rapidamente, può risultare di qualità eccelsa. La chiave risiede nella velocità del processo di surgelazione, che può essere effettuata a bordo delle navi, riducendo così il tempo di esposizione a temperature instabili.
La rapidità nella lavorazione del pesce è cruciale. Un pesce surgelato a bordo ha un trattamento differente rispetto a quello lavorato a terra. I Falaschetti spiegano che la surgelazione avviene a temperature molto basse e in modo rapido, evitando la formazione di cristalli di ghiaccio che possono comprometterne la qualità. Nelle navi fattoria, dove si effettua il processo, si utilizza una tecnologia che garantisce una catena del freddo ininterrotta, con controlli costanti apportati tramite registratori. Una volta che il pesce giunge a terra, le aziende di distribuzione lo conservano in celle frigorifere, garantendo standard di sicurezza e igiene.
Una questione rilevante da considerare è legata alla provenienza del pesce. Spesso, il pesce surgelato disponibile sul mercato italiano proviene da paesi esteri. I Falaschetti spiegano che il pesce locale rappresenta solo una minima parte del mercato, rendendo economicamente poco conveniente surgelare il prodotto italiano. “Se una frittura di pesce locale costa 10 euro, è più vantaggioso optare per una frittura d’importazione a 3 euro”, affermano. Questo porta a una preferenza per pesce importato, che, a causa della disparità di prezzi, è maggiormente presente nel mercato.
La sociologia del consumo di pesce gioca un ruolo significativo. In Italia, vi è un’alta propensione per il consumo di pesce fresco, mentre in altri paesi il pesce surgelato è previsto in misura maggiore. Questo fenomeno è influenzato dalla capacità di un paese di pescare e dal suo consumo attuale. La differenza tra ciò che viene pescato e ciò che viene consumato è ciò che determina la necessità di surgelazione. I Falaschetti concludono commentando come l’Italia, con una tradizione culinaria forte e predilezione per ingredienti freschi, non abbia raggiunto una disponibilità così elevata di pesce da giustificare una surgelazione massiva.
Questi aspetti offrono una comprensione più profonda su come il metodo di conservazione e la provenienza del pesce influenzino il mercato italiano, rivelando le complessità dietro la scelta di consumare pesce surgelato o fresco.
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