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Salt Bae: il crollo di un impero gourmet, tra polemiche e calo delle vendite nel 2023

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Stefano Rossi

Nel panorama gastronomico internazionale, Salt Bae ha creato un marchio audace e controverso, fondato su eccessi e stravaganze che hanno catturato l’attenzione del pubblico. Tuttavia, recenti notizie indicano un contesto in evoluzione: il suo ristorante di Londra, un tempo simbolo del successo, mostra segni preoccupanti di declino. Le criticità strutturali e le controversie etiche, unite a un calo dei profitti, pongono interrogativi sul futuro di questo personaggio amato e combattuto.

Un marchio costruito sull’eccesso

L’immagine di Salt Bae

Salt Bae, il cui vero nome è Nusret Gökçe, ha saputo sfruttare la propria immagine per elevare il concetto di ristorazione a un livello di spettacolarizzazione senza precedenti. Con le sue famose “spolverate di sale” e il suo modo caratteristico di servire le bistecche, è diventato un fenomeno virale sui social media. Le sue creazioni culinarie, come le bistecche di carne laminate in oro, con prezzi che arrivano a 600 sterline, rappresentano un’idea di lusso al limite dell’assurdo.

Tuttavia, sotto la superficie scintillante, si nascondono numerosi problemi. L’atmosfera nei suoi ristoranti è stata oggetto di critiche feroci, con segnalazioni di discriminazione e misoginia che hanno ottenuto eco tra i media. Questi eventi hanno contribuito a un’immagine di tirannia e mai come ora il marchio sembra lottare per difendere la propria reputazione.

Il successo iniziale e il declino

Nonostante le polemiche, Salt Bae ha goduto di un avvio promettente con l’apertura del suo ristorante a Knightsbridge nel settembre 2021. I primi mesi hanno visto incassi stratosferici che hanno superato gli 8 milioni di sterline. Tuttavia, dopo un’apparente ascesa, la curva dei profitti ha iniziato a scendere. La situazione si è aggravata nel 2023, con un profitto di 1,7 milioni di sterline, ben al di sotto dei 3,3 milioni dell’anno precedente. Questo rappresenta un abbattimento del 31% delle vendite, segno di una crisi profonda.

Le vendite in calo non colpiscono solo Londra, ma sono segnalati problemi anche a New York, dove è stato confermato che una delle location più prestigiose chiuderà i battenti. Questi eventi fanno sorgere dubbi sulla sostenibilità del modello di business di Salt Bae, fondato sulla celebrazione dell’eccesso e del lusso.

Le polemiche che dilagano

Controversie sul lavoro e comportamenti scorretti

A influenzare negativamente la reputazione di Salt Bae ci sono le molto dirette accuse di discriminazione e comportamenti inappropriati all’interno dei suoi ristoranti. Tra le segnalazioni più gravi figura quella di una cameriera che sarebbe stata costretta a mostrare i piedi a un cliente, un episodio che ha suscitato indignazione e portato alla luce una serie di problematiche legate alla cultura del lavoro nei suoi locali.

Queste controversie hanno generato reazioni negative da parte del pubblico e dei media, contribuendo a una diminuzione dell’affluenza nei ristoranti, ora spesso descritti come spazi dove il lusso si accompagna a un trattamento discutibile del personale. Il calo della domanda per le bistecche extravagantemente costose aumenta le pressioni economiche su un brand già messo alla prova.

Reazioni del pubblico e recensioni negative

Le recensioni online riversano critiche severissime, non solo sui prezzi proibitivi, ma anche sulla qualità della carne servita. Molti clienti lamentano che le aspettative create dai social media non corrispondano alla realtà del piatto servito. Una combinazione di costi elevati e servizi percepiti come non all’altezza potrebbe compromettere ulteriormente l’attrattiva di questi ristoranti, con i clienti sempre più inclini a cercare alternative più accessibili e dall’esperienza complessivamente migliore.

Salt Bae continua a mantenere una rete di diciotto ristoranti nel mondo, ma la sua flagship a Londra presenta sfide significative. I consumatori, attratti dall’eleganza ostentata e dall’idea di vivere un’esperienza unica, devono ora confrontarsi con la realtà di un marchio che potrebbe non rispettare le promesse iniziali, mentre cercando di ribaltare un’immagine sempre più in crisi.

Stefano Rossi

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