Un’operazione condotta dai Carabinieri per la tutela ambientale e la sicurezza energetica ha portato al sequestro preventivo di sacchetti contenenti bricchette per barbecue in circa 50 punti vendita su tutto il territorio nazionale. Questi prodotti, realizzati da ceneri derivanti da processi di piro-gassificazione ritenute tossiche, sollevano inquietanti interrogativi sulla loro sicurezza per la salute dei consumatori e sull’illegalità della loro produzione. Le indagini – avviate dalla Procura della Repubblica di Bolzano e di Trento – hanno già portato all’indagine di nove persone, di cui sei italiani e tre austriaci, conseguentemente accusate di traffico illecito di rifiuti e frode in commercio.
Nel 2022, le autorità italiane si sono imbattute in un camion con targa croata carico di cenere derivante dalla combustione di legna e cippato. Questo carico proveniva da due impianti di cogenerazione situati a Lasa e Versciaco, in Alto Adige. Un approfondimento delle indagini ha rivelato l’uso della cenere, contenente sostanze nocive come idrocarburi e diossina, non come rifiuto da smaltire, ma come materia prima per la produzione di bricchette per barbecue.
Il Giudice per le indagini preliminari di Trento ha disposto il sequestro dopo che la Procura di Bolzano e Trento ha fornito evidenze sufficienti a instillare il provvedimento. La gravità della situazione ha indotto le autorità a ricorrere all’agenzia per la cooperazione giudiziaria Eurojust, per garantire una sinergia operativa con altri Paesi europei. Questo approccio internazionale evidenzia l’importanza della collaborazione per contrastare il crimine ambientale.
L’operazione ha avuto strascichi pesanti sul mercato delle bricchette per barbecue. Gli esperti avvertono che la commercializzazione di questi articoli potenzialmente nocivi non solo minaccia la salute pubblica, ma può anche influenzare negativamente l’immagine dei produttori legittimi. Le bricchette fatte con ceneri tossiche rischiano di emettere sostanze pericolose durante la combustione, insinuando timori tra i consumatori.
Il comandante del NOE di Venezia, Enrico Risottino, ha sottolineato come le condizioni lavorative nei Paesi coinvolti fossero al limite dell’accettabile. In particolare, in Croazia, gli operai non indossavano adeguati dispositivi di protezione individuale durante le operazioni di gestione delle ceneri tossiche. Si parlerebbe di situazioni di lavoro estremamente rischiose, dove la salute dei lavoratori era seriamente compromessa.
Le indagini hanno rivelato una rete che si estende tra Alto Adige, Austria, Croazia e Serbia. Nonostante la produzione fosse localizzata in questi paesi, il commercio avveniva a livello europeo, portando a domande su come gestire la regolamentazione delle norme ambientali al di fuori dei confini nazionali. Le autorità italiane stanno collaborando con quelle serbe per estendere l’indagine su quest’ultimo territorio, che non fa parte dell’Unione Europea.
Con il recente sviluppo degli eventi, la portata della vicenda emerge come una questione cruciale per la sicurezza alimentare e la protezione dell’ambiente. Proseguendo le indagini, potrebbe emergere un quadro più ampio riguardo a pratiche commerciali ingannevoli nel settore delle bricchette e dei prodotti combustibili a base di cenere, ponendo in evidenza l’importanza di azioni preventive e di vigilanza da parte delle autorità.
La situazione attuale sottolinea non solo la necessità di indagini locali approfondite, ma anche l’importanza della cooperazione internazionale per fronteggiare il traffico illecito di rifiuti e garantire un ambiente sicuro per tutti.
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