Il settore vitivinicolo italiano sta affrontando una fase di trasformazione significativa, con un cambiamento nelle preferenze di consumo. A fronte di vendite di vino rosso in calo, molti produttori si stanno orientando verso l’innovazione, utilizzando varietà tradizionali per la produzione di vini bianchi, frizzanti e spumanti. Questa tendenza è una risposta non solo alle mutate esigenze del mercato, ma anche a un contesto di crisi dei consumi che richiede strategie di adattamento più rapide e flessibili.
In un articolo recente, il professor Attilio Scienza, esperto di viticoltura ed enologia, ha suggerito che un numero crescente di produttori sta esplorando la vinificazione in bianco per le uve a bacca rossa. Questa tecnica consiste nell’evitare il contatto tra il mosto e le bucce, che conferiscono il colore rossastro al vino. Scienza evidenzia che questa pratica non è una novità, ma un ritorno a una tradizione che si è fatta strada nel definire varianti da prosecchi e champagne. Ad esempio, il PINOT NERO è un classico esempio di uva rossa vinificata in bianco, spesso utilizzato per la produzione di spumanti.
Alcune varietà italiane, come la BARBERA e il SANGIOVESE, si stanno affermando in questo nuovo contesto. La BARBERA, in particolare, ha dimostrato di essere ideale per la creazione di basi spumante. Si segnalano anche uve meno conosciute, come il BOMBINO NERO e il PRIMITIVO, che sempre più spesso sono impiegate per produrre vini frizzanti. Queste varietà tendono ad avere una bassa tannicità e una buona acidità, qualità importanti per la creazione di vini freschi e leggeri, perfetti per la stagione estiva e per la mixology.
La nuova direzione intrapresa dalle cantine italiane non si limita solo alla produzione di bianchi e bollicine. Gli esperti, compreso il professor Scienza, segnalano come l’obiettivo finale sia integrare questi vini nel mondo della mixology. Questi vini non soltanto possono concorrere con i più celebri PROSECCO, ma si preparano anche a trovare la loro collocazione nei cocktail serviti durante gli aperitivi estivi. Questo approccio va di pari passo con un contesto di mercato che richiede sempre più la diversificazione dell’offerta.
La riconversione della produzione da vini rossi a bianchi e frizzanti ha il vantaggio di essere meno onerosa e di poter essere attuata più rapidamente rispetto alla ristrutturazione varietale dei vigneti, processo che richiede anni di attesa. Le cantine, quindi, trovano in questa strategia un modo efficace per rispondere alle sfide attuali senza dover attendere tempi lunghi per nuove piantagioni. Una reattività da parte dei produttori che riflette le nuove tendenze del mercato e le richieste dei consumatori.
Analizzando i dati di produzione vitivinicola italiana degli ultimi due decenni, emergono cambiamenti significativi. Secondo Nomisma-Wine Monitor, nel 2004 i vini rossi rappresentavano oltre la metà della produzione totale italiana, ma oggi questo dato è stato notevolmente ridotto. Su un totale di 38,3 milioni di ettolitri, i vini rossi sono solo 14,5 milioni, mentre i bianchi superano i 23,7 milioni. In particolare, i bianchi fermi occupano il 40% della quota di mercato, seguiti dai rossi fermi al 38%, dalle bollicine al 14% e dai rosati all’8%.
Questa evoluzione è ben rappresentata dalle parole del presidente di Unione Italiana Vini, Lamberto Frescobaldi. Il suo commento sottolinea come l’Italia stia diventando sempre più riconosciuta a livello internazionale non solo per i vini rossi, ma anche come un produttore di vini bianchi e spumanti, un cambio di percezione che coinvolge anche le nuove generazioni di consumatori. La cultura del vino sta attraversando un’evoluzione, e le cantine italiane sono pronte a cavalcare questa onda di cambiamento.
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