Negli ultimi mesi, la situazione relativa alla febbre catarrale ovina, conosciuta anche come Blue Tongue, ha raggiunto livelli allarmanti in Italia, coinvolgendo diverse regioni. Questo articolo esamina la diffusione della malattia, le aree più colpite e le implicazioni per il settore zootecnico. A fronte dell’emergenza, istituzioni e allevatori hanno sollecitato misure immediate di intervento, contribuendo ad accrescere la consapevolezza su un problema che incide notevolmente su allevamenti e produttività.
La diffusione della Blue Tongue in Italia
In Italia, la febbre catarrale degli ovini ha mostrato un’impennata preoccupante, superando ormai il migliaio di focolai attivi. Sebbene la Sardegna abbia storicamente rappresentato il fulcro della malattia per oltre 14 anni, l’infezione sta rapidamente interessando anche altre regioni come Piemonte, Calabria e Lombardia. In Lombardia, l’Agenzia di Tutela della Salute ha implementato restrizioni sui movimenti degli animali nei dintorni dei focolai, decidendo di limitare le movimentazioni a un raggio di 20 chilometri.
A seguito della critica situazione, il Piemonte ha registrato circa 140 focolai, costringendo le autorità regionali a tenere un vertice per confrontare strategie di contenimento. Per la prima volta in 40 anni, si è dovuto annullare il tradizionale raduno zootecnico di Oropa, un evento significativo per il settore. Di fronte a questa emergenza, l’Associazione Italiana Allevatori e Coldiretti hanno richiesto un’immediata campagna vaccinale per proteggere le aziende agricole e tutelare la salute del bestiame. La malattia, sebbene gravemente impattante sugli allevamenti, non è nociva per il consumo umano, similmente a quanto avviene per la Peste suina africana.
Che cos’è la Blue Tongue
La febbre catarrale ovina è una malattia virale che non colpisce soltanto gli ovini, ma anche bovini, cervi, capre e alcune specie di camelidi come lama e alpaca. Gli ovini risultano essere i più colpiti, mentre i bovini fungono da serbatoi principali del virus. La trasmissione avviene principalmente tramite i moscerini del genere Culicoides, che proliferano nei mesi estivi e autunnali. I venti possono diffondere questi insetti su grandi distanze, rendendo complesso il controllo e la prevenzione dell’infezione.
Il picco di attività dei moscerini coincide con la fine dell’estate e l’inizio dell’autunno, esponendo gli animali a un rischio maggiore di contagio. Per fornire una maggiore protezione agli allevamenti, sarebbe opportuno implementare misure preventive e di monitoraggio mirate.
Le aree più colpite e come si manifesta
Tradizionalmente, la febbre catarrale ovina era confinata a zone tropicali e subtropicali, ma ora i cambiamenti climatici e nuove dinamiche commerciali hanno comportato un’espansione della malattia anche in regioni temperate, inclusa l’Europa settentrionale. Negli ultimi dieci anni, si sono registrati focolai di ben nove sierotipi diversi. I sintomi della Blue Tongue si manifestano principalmente attraverso alterazioni delle membrane mucose della bocca e del naso, nonché della fascia coronaria dei piedi.
Gli allevatori devono prestare particolare attenzione a segni clinici quali zoppia, febbre, ipersalivazione e scolo oculare e nasale. Il periodo di incubazione può variare da 4 a 12 giorni, ed è fondamentale individuare tempestivamente la malattia poiché in alcune greggi la mortalità può raggiungere il 70%. Negli allevamenti più estensivi, le morti improvvise di animali possono rappresentare il primo segnale di allerta. I capi che sopravvivono possono comunque risentire della malattia, con una diminuzione della produzione di carne e lana.
Questa situazione evidenzia l’urgenza di interventi coordinati e strategie efficaci per tutelare la salute degli animali e il futuro del settore zootecnico italiano. Davanti a una minaccia che si espande rapidamente, sarà fondamentale monitorare attentamente i focolai e implementare misure preventive.