Emergenza Peste suina africana: in Italia si riaccendono i timori per gli allevatori

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La Peste suina africana rappresenta una seria minaccia per l’industria suinicola italiana, con nuovi focolai emersi in diverse regioni. Gli allevatori, già vessati dall’emergenza, si trovano a fronteggiare misure di controllo giudicate inadeguate da esperti dell’Unione Europea, e non ci sono segni di miglioramento imminente. Questo articolo analizza la situazione attuale, le risposte delle autorità e le conseguenze economiche per il settore.

L’allerta dei veterinari europei

Un’analisi critica

Un recente rapporto dell’Eu Veterinary Emergency Team ha gettato luce sulle lacune nelle misure di gestione della Peste suina africana in Italia. Gli esperti, impegnati in un’ispezione in Lombardia ed Emilia-Romagna, hanno evidenziato che la strategia di controllo della malattia deve essere migliorata, suggerendo che la risposta italiana è attualmente insufficiente. Hanno sottolineato l’importanza di un piano coordinato che abbracci tutte le regioni interessate e la necessità di un “piano B” per la sua eradicazione.

Questo report ha messo in evidenza vari punti critici, tra cui la scarsità di coordinamento interregionale, le limitate risorse per la sorveglianza e le difficoltà tecniche nell’implementazione di misure preventive, come la costruzione di recinzioni. Gli esperti avvertono che l’epidemia potrebbe diffondersi ulteriormente, minacciando anche altre aree, come la Toscana.

Il rischio di diffusione

Le preoccupazioni degli esperti non sono infondate. La Peste suina africana è altamente contagiosa e può avere effetti devastanti su un settore già in crisi. L’andamento dell’epidemia richiede una risposta immediata e ben pianificata, poiché i rischi non riguardano solo la salute animale, ma anche l’intera filiera produttiva in Italia.

La risposta delle autorità italiane

Le misure adottate

Il commissario straordinario Giovanni Filippini ha promesso continuità e impegno nella lotta contro la PSA, affermando che le azioni di controllo e gestione sono già state implementate. Recentemente, il primo agosto, le autorità italiane hanno annunciato misure aggiuntive, il cui obiettivo è frenare la diffusione della malattia. Queste includono il divieto di movimentazione dei suini all’interno delle zone critiche, come Piemonte, Lombardia e Emilia-Romagna, e l’obbligo di segnalare aumenti di mortalità nelle aziende agricole.

Tuttavia, tali misure, ritenute tardive da alcuni, potrebbero non essere sufficienti a contenere un’epidemia che è già fuori controllo. Il decreto agricoltura dello scorso luglio, sebbene prevedesse la creazione di una task force di 177 unità, è stato criticato per la sua inefficacia nel prevenire la propagazione del virus.

Le pressioni del settore

L’industria suinicola italiana si trova a un bivio critico. Le associazioni di categoria, come Slow Food e Coldiretti, esprimono forte preoccupazione per gli effetti devastanti che la PSA sta avendo sugli allevatori e sull’economia agricola. Con oltre cinquantamila maiali abbattuti e milioni di euro in risorse pubbliche già investite nella lotta contro il virus, la situazione si fa ogni giorno più insostenibile.

Prospettive per il futuro

Investimenti e innovazione

La soluzione a lungo termine per combattere la Peste suina africana deve includere maggiori investimenti nella biosicurezza e nuove strategie di prevenzione. Secondo il presidente di Coldiretti, Ettore Prandini, “la vera innovazione sta nel prevenire, anticipando le difficoltà e investendo nella ricerca“. Questa visione richiede un impegno collettivo tra le varie autorità e il settore privato, per ottenere un piano strategico che possa affrontare in modo adeguato la crisi in atto.

La necessità di un approccio unificato

È chiaro che l’emergenza Peste suina africana non può essere affrontata con misure isolati né con approcci frammentati. È fondamentale che le autorità italiane lavorino in sinergia con le istituzioni europee, implementando un piano coerente che possa garantire una risposta efficace e tempestiva a questa crisi sanitaria. Solo attraverso uno sforzo comune sarà possibile arginare la PSA e proteggere l’industria suinicola italiana, salvaguardando non solo gli allevatori, ma anche il patrimonio agroalimentare del paese.

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