Il ritorno della botte castellana: Alfredo Sannibale e la tradizione del vino ai Castelli Romani

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Nel cuore dei Castelli Romani, la botte castellana vive un momento di risveglio grazie alla figura di Alfredo Sannibale, l’ultimo bottaio della zona. La sua storia incarna un percorso di ascesa e declino, ma anche di rinascita della tradizione vinicola legata al castagno. In questo articolo esploreremo il significato del castagno per la cultura locale, la storia di Alfredo e la sfida della bottega nel contesto attuale del mercato del vino.

L’egemonia del castagno nel territorio

Le radici storiche del castagno

La presenza preponderante del castagno nei Castelli Romani è il risultato di un’evoluzione secolare legata a scelte economiche e culturali. Risalendo al XVII secolo, le “Constitutiones” del Governo Pontificio svincolarono i proprietari di terreni con alberi da frutto dai vincoli dei diritti civici, incentivando la piantumazione di castagni. Questo sistema portò, quindi, a un’esplosione dell’agricoltura di castagno, favorendo la conversione dei boschi in castagneti.

Le castagne, alimento versatile, potevano essere consumate fresche o lavorate in farina. Questo non solo rispondeva a una domanda alimentare crescente dalla Capitale, ma permetteva anche di sfruttare il legno del castagno per diverse applicazioni, tra cui la costruzione di botti, un fattore cruciale per l’industria vinicola della regione.

Un ecosistema dinamico

Il castagno non era solamente un albero da frutto, ma rappresentava anche una risorsa economica fondamentale. La sua rapida crescita consentiva di ottenere legno in tempi brevi, fondamentale per la costruzione di strutture come mobili, tettoie e, soprattutto, botti artigianali. I bottaai, artigiani specializzati nella lavorazione del legno di castagno, prosperarono fino a buona parte del XX secolo. Tuttavia, con il cambiamento delle pratiche agricole e l’introduzione di materiali alternativi come acciaio e cemento, la tradizione iniziò a diminuire.

La storia di Alfredo Sannibale e la sua bottega

Dalla tradizione familiare all’arte della botte

Alfredo Sannibale, classe 1946, rappresenta l’ultimo baluardo di una tradizione familiare che affonda le radici nel 1860, quando suo nonno aprì la bottega in Piazza Pia, ad Albano Laziale. La sua formazione iniziò precocemente, grazie all’influenza del padre che lo portò con sé in bottega all’età di dieci anni. Alfredo ha ereditato non solo il mestiere, ma anche un patrimonio di conoscenza accumulata in quasi sette decenni di attività.

Un bottaio come Alfredo non si limita a costruire botti: seleziona con cura il legno, identifica l’età ideale degli alberi e applica tecniche tradizionali che richiedono anni di esperienza. Ogni fase del processo, dalla piegatura a caldo all’assemblaggio finale, richiede abilità artigianali che pochi possiedono oggi. Il prodotto finale, una bottе castellana, ha capacità che variano tra 1000 e 1100 litri.

Il processo di produzione delle botti

La produzione delle botti è un’arte complessa. Dopo la costruzione, il tannino ricco del castagno deve essere ammorbidito attraverso un bagno di calce, seguito da un processo di tostatura. Questo ultimo passaggio è fondamentale per conferire alla botte le caratteristiche necessarie per accogliere i vini, evitando l’impatto aromatico che il rovere, solitamente più utilizzato, impartisce. Il legno di castagno, invece, si presta a una maturazione più delicata, rendendolo particolarmente adatto ai vini bianchi.

Alfredo ha dimostrato che, nonostante la tradizione sia messa a dura prova, il castagno può ancora giocare un ruolo importante nella produzione vinicola. Questo è testimoniato dai vini assaggiati durante eventi come Vinalia Priora, che mettono in luce le qualità distintive dei vini maturati in botti di castagno.

La fine di un’era per i bottai dei Castelli Romani

La crisi dei bottai contemporanei

L’attività di bottaio ha conosciuto un periodo di crisi, soprattutto con l’arrivo di nuovi materiali e tecnologie che hanno semplificato la produzione vinicola. Negli anni del boom economico, il mercato delle botti sembrava destarsi con richieste sempre più alte, ma col tempo la facilità d’uso e la longevità di alternative più economiche hanno ridotto la domanda di botti tradizionali.

Alfredo ricorda con nostalgia i tempi in cui lavorava a pieno regime, producendo botti per i vignaioli locali che abbracciavano la tradizione. Oggi, la figura del bottaio è in via di estinzione, con pochissimi eredi disposti a mantenere viva un’attività che richiede una dedizione totale e offre guadagni incerti.

La rinascita della tradizione vinicola

Negli ultimi anni, tuttavia, si è assistito a un revival della qualità nei vini, con alcuni produttori che cercano di riscoprire e applicare metodi tradizionali. Questi vignaioli si rivolgono a Alfredo per ottenere botti di alta qualità, aprendo una nuova opportunità per la sua bottega. Alcuni storici progetti, come la commissione di Massimo Palmieri, dimostrano che, nonostante le avversità, esiste ancora spazio per l’artigianato di qualità.

  • Tuttavia, senza eredi pronti a seguire le sue orme, la bottega di Alfredo e la tradizione vinicola locale affrontano una sfida gigantesca. La mancanza di prospettive future per i bottaio evidenzia un dilemma cruciale: la necessità di preservare tradizioni preziose in un mercato in continua evoluzione. La scommessa resta aperta, e la speranza è che il racconto del castagno e delle sue botti continui a vivere nel tempo, anche oltre l’ultimo bottaio dei Castelli Romani.*
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